A quelle che credono ancora negli ideali, nei progetti, nella politica buona, nel cambiamento. E ci spendono sopra tutta la loro vita.
A quelle che viaggiano, che se ne vanno curiosando nel mondo.
A quelle che sanno portare le pellicce gialle, gialle canarino.
A quelle che rimettono insieme i pezzi di vita, senza perdere la loro leggerezza.
A quelle che non aspettano che sia tu ad invitarle a cena.
A quelle che lavorano ogni giorno ad equilibri difficili.
A quelle che cucinano i cannelloni, solo per gli altri, perché a loro i cannelloni non piacciono.
A quelle che sanno annullare ogni distanza, non solo geografica.
A quelle che sanno sempre prendere la forma del posto in cui sono.
A quelle che regalano al mondo i loro figli. E preparano i loro figli a farsi spazio nel mondo.
A quelle che non ci sono più. Ma ci sono sempre.
A quelle che cantano: stonate, in strada, in auto, da sole, in duetto.
A quelle che smontano e aggiustano le prese elettriche, con la pila frontale in testa.
A quelle brave nel loro lavoro, brave davvero.
A quelle che sanno accarezzare, chi con le mani e i gesti, chi con le parole, chi in silenzio.
A quelle che sono arrivate. E ora sono pronte a ripartire.
Alle mie donne. Tutte e ciascuna.